Osservatorio Consumatori 2013: fuga dalla distribuzione moderna.

Osservatorio Consumatori 2013: fuga dalla distribuzione moderna.

📅28 Giugno 2013, 13:20

Viviamo un momento di grandi trasformazioni. L’incertezza prevale e gli sviluppi dei trend sociali ed economici sono difficilmente prevedibili.

Sappiamo che il sistema economico probabilmente troverà nuovi equilibri, essendo gli attuali insostenibili per troppi a questo mondo. Abbiamo l’impressione che stia cambiando anche la sensibilità delle persone, anche al di là delle questioni prettamente economiche.

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È diffusa la sensazione che occorra una forte discontinuità nelle abitudini di azione e nelle consuetudini di pensiero, a vantaggio di una sostenibilità futura maturata nel rispetto, nell’uguaglianza, nella giustizia.
Non si tratta di posizioni politiche oppure orientate ideologicamente: si può ben vedere come qualsiasi partito sia incapace di comprendere e orientare questo terremoto sociale ancora sommesso eppure percettibile.

Alcuni commentatori politici indicano nel 50% la percentuale di italiani che di volta in volta decidono se e chi votare, senza fedeltà ad alcuna ideologia, senza sentimento di appartenenza né impegno nella comunità “grande”, esprimendo fluidità di pensiero e di scelta.

Dall’altro lato, molti segnali evidenziano una partecipazione delle persone molto più attiva e disinteressata verso le “piccole” comunità di appartenenza: il quartiere, la città, le associazioni. Crescono le ore di tempo libero devolute in volontariato non retribuito; si moltiplicano le iniziative spontanee di discussione e mobilitazione su battaglie collettive; si diffondono iniziative di cash mob a favore del piccolo dettaglio di quartiere accumunato dalla stessa sensazione di accerchiamento e disagio vissuto dai singoli consumatori-clienti.

Forse i nuovi futuri equilibri arriveranno dall’alto di normative nazionali o sovranazionali, forse finalmente avremo un governo capace di incidere in senso riformatore sulla situazione italiana, forse invece il nuovo a poco a poco, in forma sommersa, emergerà dalla società civile e affiorerà alla superficie modificando dall’interno gli assetti economici e di potere…

L’Osservatorio Consumatori 2013 dipinge un rapporto tra shopper e mondo della distribuzione che presenta molte similarità con il quadro generale sopra tracciato, segnale che forse le dinamiche sociali sono convergenti.

La prima evidenza è quella della sfiducia o disaffezione verso gli elementi distintivi dello shopping dei tempi andati: i richiami di una promozionalità urlata ma poco sincera; gli scintillii di punti di vendita che oscurano il basso livello valoriale dei prodotti; la massificazione di referenze tutte uguali che fisicamente pressano gli acquirenti… tutto ciò ha già da tempo perso appeal ed è in gran parte motivo della latitanza dei consumatori dentro i negozi.

In effetti il giudizio degli shopper italiani è ferreo: per il 46% dei connazionali la distribuzione moderna non è stata in grado di dare segnali di aver capito le mutate esigenze dei consumatori e di aver avviato delle azioni in tal senso.

Le richieste principali riguardano una semplificazione del processo di acquisto, che sia sintomatica di un dialogo più paritario e onesto, di una maggiore considerazione e capacità di lettura delle esigenze del consumo. Più leggibilità a scaffale, aumentata propositività e capacità di soluzione. Risparmio di tempo relativamente alle attività di minor valore, rispetto invece alla capacità di comunicare e creare attenzionalità laddove si crea interesse (caratteristiche di prodotto, pratiche di sostenibilità ed eticità, etc).

Molto più complesso di volantini di sottocosto, insomma.

I consumatori aspettano che qualcosa cambi e si evolva nella distribuzione moderna, e nel frattempo la tendenza è quella di rivolgersi anche ai brand, impegnati in prima persona nell’apertura di negozi diretti, oppure al vecchio e caro dettaglio di quartiere, massacrato dalla crisi e dai fallimenti – è vero – ma che sopravvie nelle vie cittadine proprio se e quando riesce ad esprimere un valore nei prodotti e nelle relazioni con il territorio.

I comportamenti di acquisto cambiano radicalmente dunque, e ben il 70% degli italiani affermano di averli modificati radicalmente cambiando i luoghi dello shopping o le decisioni di acquisto (o non acquisto). La profilazione in cluster degli shopper nazionali si modifica di conseguenza, all’insegna della “vita dura” per i punti di vendita.

Il cluster degli I LOVE SHOPPING si evolve e insoddisfatto dell’offerta da centro commerciale – che tanto lo attraeva in passato, sino a definirlo “animale da ipermercato” – si ritira verso il dettaglio alternativo del quartiere (9,3% degli italiani).

Il cluster dei NONNO ITALO, formato per lo più da anziani, fatica ad arrivare alla fine del mese e si percepisce ormai emarginato dal panorama dello shopping: vicinanza, comodità e ricerca indispensabile della convenienza sono le chiavi delle sue frequentazioni di acquisto (16,6%).

Il cluster degli OUT OF SHOPPING è ancora più radicale: questi consumatori hanno voltato pagina rispetto alla distribuzione moderna considerata arretrata e incapace di evolversi. Ricercano valore, relazione e servizio anche al di là dell’appeal del brand. Il luogo di acquisto elettivo è il centro storico cittadino (22,5%).

Il cluster degli OK IL PREZZO E’ GIUSTO,  i cherry pickers di sempre, ha la vita sempre più dura. Risparmiare è un imperativo sempre più pressante ma inseguire le promozioni un’attività dura e impegnativa. Ormai l’esperienza aiuta: questi consumatori si muovono ormai su un panel di negozi fidati sul prezzo e quindi sono diventati degli infedeli altamente fidelizzati (12,7%).

Il cluster della CRITICA DELLA RAGION PURA rappresenta la punta intellettualmente più avanzata ed esigente. Questi shopper non scappano semplicemente dalla distribuzione moderna ma la giudicano la sfruttano ricercandone i vantaggi e individuandone le debolezze, e tenendo la rotta dritta su qualità ed eticità (22%).

Il cluster dell’ E-GENERATION semplicemente sfugge dai punti di vendita fisici perché ha come ecosistema il web. Non interessa la relazione con i venditori e il loro consiglio, neppure apprezza la materialità dell’assortimento o dell’ambiente commerciale. Le referenze, i commenti, i consigli vengono cercati e scambiati sul web, per modalità di acquisto del tutto virtuali (16,8%).

A cura di Re.d – Marketing & Trade
Corso di porta Ticinese, 60
20123 Milano


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