OUTLET e VISUAL MERCHANDISING possono convivere?

A stimolare la nostra curiosità è sempre l’esplorazione di nuove frontiere del retail, interrogarci sugli “argomenti caldi” in fatto di visual.

Una realtà che sembra non conoscere crisi sono quei villaggi che fanno capolino distinguendosi dal panorama circostante grazie a torrette ben curate e tetti rossi: gli outlet infatti hanno chiuso un anno estremamente positivo con visitatori sempre in crescita; basti pensare che all’outlet di Serravalle si parlano trenta lingue diverse tra turisti russi e cinesi in aumento**.

visual merchandising negli outlet
Franciacorta Outlet Village

Consci del potenziale di questi centri, da brave spie del retail nonché addetti ai lavori (a partire da Aprile XT si occuperà di corsi visual merchandising e formazione del personale negli Outlet Village di Franciacorta e Val di Chiana) ci siamo chiesti quanto possa incidere sulle vendite una variante come un visual merchandising vincente o meno all’interno di un outlet. Sopralluoghi di spionaggio sono stati fondamentali per calarci nei panni del cliente tipo ed entrare nella logica del consumatore.

Come mete da tenere d’occhio abbiamo scelto un village d’eccellenza come il Franciacorta Outlet e altrettanto importante nonché vicino alla sede di XT, Castel Guelfo The Style Outlets. Come ogni spia che si rispetti ci siamo mimetizzati tra la folla scrutando ogni particolare che potesse catturare la nostra attenzione: abbiamo osservato sia le vetrine che l’interno dei negozi vedendo situazioni che ci sono piaciute e altre meno.

Mentre alcuni brand si sono mossi verso le necessità di un cliente che ha evoluto la sua percezione di outlet, altri continuano a disporre di materiale PoP datato e a sottovalutare come potrebbe rispondere il cliente. Estremamente interessante spogliarsi della divisa di addetto ai lavori ed entrare nell’ottica del cliente, a conferma del fatto che il visual merchandising ,come una buona organizzazione all’interno di un negozio, rappresentino il più delle volte una vendita andata a buon fine o il suo mancato successo.

Dopo una disinvolta (solo all’apparenza) passeggiata tra un punto vendita e l’altro cercando di entrare nella mente del cliente abbiamo deciso che ci serviva sondare il territorio da diversi punti di vista, domandare ai “big” in questo campo cosa vuol dire oggi coordinare tutte le attività necessarie perché i brand preservino la loro identità ma, che allo stesso tempo,  questa venga comunicata secondo le giuste regole del visual in modo da restituire un’immagine armoniosa e soprattutto coerente all’interno dei centri outlet.

Oggi il concetto di pdv outlet si sta spostando sempre di più verso il negozio e questo significa che le necessità, le finezze e gli accorgimenti,  anche nel canale di vendita in cui i prezzi sono sicuramente un punto di forza merita interventi visual dedicati e una preparazione correlata. Gli” interrogati” ci hanno svelato i loro segreti e progetti.

Massimo Testa_Retail Director per AVM (Added Value Management) società specializzata nella commercializzazione e nella gestione di outlet village e centri commerciali.


Massimo ama pensare all’area globale del village come se si trattasse di un unico punto vendita: l’advertising va quindi immaginato come una vetrina, un’anticipazione di quello che il consumatore vivrà durante la sua visita. Le parole chiave sono coerenza, perché è importante che le aspettative del visitatore non vengano disattese, e pianificazione, soprattutto in materia di vetrine, allestimenti interni, comunicazione e promozioni.

– Quali sono gli aspetti fondamentali visual in un concetto come l’outlet?
“Ogni Outlet Village ha un suo specifico posizionamento, risultante dall’insieme dei marchi che può proporre e, di conseguenza, dalla tipologia di clientela che riesce ad attrarre. La strategia retail è perciò finalizzata ad elevare costantemente la qualità della customer experience. Gli Outlet Village sono nati come semplici contenitori di prodotto a buon mercato, ma oggi la clientela si è evoluta e li ha eletti a canale di vendita alternativo, non più inferiore a quello full price. Quando il cliente percorre le vie del Village deve percepire un’armonia tra gli elementi architettonici, le insegne, le vetrine e la comunicazione. Questa sinfonia non deve però appiattire l’offerta, ma anzi valorizzare i singoli brand e la loro specificità. In questa realtà diventa figura chiave il Retail Manager, che deve monitorare costantemente gli operatori, supportarli e stimolarli quando necessario, tenendo sempre presente la peculiarità di ogni merceologia.”

– Quali sono i concetti più difficili da far assimilare ai partner?
“Sicuramente va affrontato il discorso delle tempistiche, che rappresentano in un contesto come l’Outlet, una difficoltà. Doversi confrontare con una moltitudine di realtà diverse tra loro, mondi merceologici eterogenei, non sempre è sinonimo di produttività e di efficacia a livello di offerta. Ad esempio molte aziende si trovano ad avere un’uscita estiva che non rispecchia quelle che sono le esigenze della clientela (a volte è fruibile troppo presto o troppo tardi), servono quindi fasi di transizione ben studiate ed un giusto mix di prodotto. Un altro tema che alcuni brand hanno difficoltà a recepire è quello dell’esposizione del prodotto per total look e tema colore. La staticità di un visual presentato per tipologia merceologica, molto funzionale nei saldi, non contribuisce invece a valorizzare le nuove collezioni durante i cambi di stagione.”

– Avete notato particolari tecniche di visual merchandising che migliorano in modo significativo i vostri parametri KPI?
“I mezzi a nostra disposizione sono innanzitutto la definizione di chiare linee guida che regolano la comunicazione in vetrina (listini prezzi, promozioni, campagne, carte fedeltà) e gli allestimenti stagionali. Da quest’anno abbiamo sviluppato un progetto di formazione “tailor made” che coniuga una base teorica su vetrinistica e visual merchandising ad esercitazioni pratiche su manichini, pareti espositive e modelli 3D. Molto stimolanti saranno i contest di visual merchandising che premieranno gli operatori più meritevoli con un corso di formazione gratuito, offerto a tutto il team del punto vendita e sviluppato sulla base dei criteri espositivi del brand vincitore. È inoltre determinante il supporto sul campo che i nostri Retail Manager offrono ai team dei negozi per aiutarli a risolvere le quotidiane problematiche legate all’esposizione del prodotto.”

Enrico Biancato_Centre Manager presso McArthurGlen Group, Noventa di Piave Designer Outlet.

visual merchandising negli outlet
McArthurGlen Group, Noventa di Piave Designer Outlet


-Quali sono gli aspetti fondamentali visual in un concetto come l’outlet?
 “L’outlet di Noventa come altri McArthur presenti nel panorama italiano hanno iniziato tre anni fa ad approcciare il visual come un concetto organico, un’operazione che tramite layout e altri accorgimenti va a cambiare, o meglio fortificare quello che è il DNA di queste realtà, dandone una visione complessiva ormai consolidata.  Pertanto, la figura del Retail Manager è un elemento chiave seppur un ruolo non è facile: non gestendo in prima persona le promozioni e lo stock dei singoli negozi il primo step è riscuotere la fiducia dei partner. Questo significa comprendere, analizzare e approcciare ogni singolo caso in modo diverso (si tratta di aree merceologiche, target, linguaggi totalmente eterogenei) pur preservando la coerenza e quindi l’immagine della struttura. Il segreto è intervenire tramite un’azione di affiancamento in modo che non vengano fatti favoritismi o distinzioni tra un brand e l’altro. Di conseguenza, un servizio molto interessante messo a disposizione dai McArthurGlen Designer Outlet ai suoi partner è la RETAIL ACADEMY in forma totalmente gratuita per i brand che si trovano al suo interno.  I partner possono così disporre di una formazione su quella che è la vendita assistita e le sue regole base, corsi di lingua inglese ma anche più mirati alla clientela che varca i cancelli di outlet di questa portata (russo e cinese ad esempio), linee guida del comportamento da tenere con i clienti (tenendo conto delle diverse culture). Una formazione mirata al prodotto: all’interno dell’outlet si trovano brand più strutturati e altri meno, dare a tutti un livello alto di competenza e know how del prodotto significa migliorare la shopping experience globale di coloro che visitano l’outlet. Formazione anche in termini di visual: si parte dalle linee guida dell’outlet stesso poi si effettua una formazione sul campo (allestimento vetrina in negozio) e successivo monitoraggio della stessa nella settimana successiva. Pensare una formazione omogenea è una mossa vincente che oggi coinvolge l’80% dei brand a Noventa (percentuale dalla quale vanno esclusi solo brand che hanno una forte struttura visual al suo interno).”

_Quali sono i concetti più difficili da far assimilare ai partner?
“Non ci sono concetti difficili da far assimilare, ma tutto va monitorato ai fini di mantenere un certo livello di eccellenza: personale formato a contatto col cliente, aree verdi e pulite e un livello architettonico alto. Ogni volta che ci si trova davanti a un nuovo partner che non ha esperienza nel canale di distribuzione dell’outlet, si hanno una reazione o di opposizione (se per esempio sono già strutturati internamente e non serve aiuto) oppure di brand che alle prime armi con questo mondo chiedono aiuto e consiglio; e così inizia un’operazione graduale con obiettivo la conquista della fiducia del partner. È una questione di com’è il nostro approccio prima di quello dei partner; spesso anche grandi nomi come Boglioli, Bally e Dsquared2 (il quale ha aperto il primo outlet nel mondo proprio a Noventa) si affidano all’expertise di shopping di questi outlet. Da prima dell’apertura del negozio parte un’operazione di affiancamento per cui il nuovo partner viene informato riguardo all’afflusso di clienti che deve aspettarsi secondo giorni e fasce orarie, quale lingue è consigliato che il suo staff conosca, di quale taglie fornirsi e molto altro.”

Venendo alle “regole scomode” Biancato ce ne sottolinea qualcuna: non si fanno vetrine negli orari di apertura dell’outlet per esempio; inoltre in occasione dei molteplici eventi che vengono organizzati all’interno, tutte le vetrine devono essere allestite in linea con il mood dell’evento in questione. Sorge spontaneo chiedersi come sia possibile coordinare un panorama così eterogeneo e numeroso: in una parola, contest. In queste occasioni viene spesso eletta la miglior vetrina in modo che accendendo la competizione venga stimolata la creatività ai massimi livelli.

_Avete notato particolari tecniche di Visual Merchandising che migliorano/incidono in modo significativo i vostri parametri KPI?
Davanti a questa domanda Enrico Biancato esordisce con una considerazione di tutto rispetto: “dico sempre ai miei ragazzi che il nostro è un lavoro bellissimo, quindi ho bandito il sostantivo problema. Quando il cliente arriva e trova un piatto di pasta e un buon caffè, aree verdi e pulite e uno stock di merce interessante è come comporre in modo perfetto un puzzle il quale conferma che il nostro lavoro è riuscito e il livello della shopping experience è garantito.”  Per cercare di mantenere monitorati i singoli casi vengono effettuate 3-4 mistery shopping in cui si cerca di capire se viene proposta la vendita aggiuntiva e la capacità di convertire il visitatore in cliente. Nei casi di mancata conversione si analizza la situazione cercando una soluzione col partner, come giustamente sottolinea Biancato questo tipo di analisi avviene anche con i partner che non stanno riscontrando problemi.

Daniela Bricola_ Centre Manager presso McArthurGlen Group, Serravalle Designer Outlet.

visual merchandising negli outlet
McArthurGlen Group, Serravalle Designer Outlet.


_Quali sono gli aspetti fondamentali visual in un concetto come l’outlet?
“Non ritengo sia giusto fare distinzione quando si parla di outlet: la sua percezione si è evoluta negli anni, ha semplicemente tardato a arrivare in questo contesto. È necessaria chiarezza, comunicazione, semplicità e essenzialità poiché la priorità è far venire fuori il prodotto. Ciò a cui puntiamo è caratterizzarci per un concetto di omogeneità che va inteso come valore aggiunto. Omogeneità come riconoscibilità, non come appiattimento: questo aiuta l’ospite a sentirsi a suo agio, entrare in una comfort zone in cui il cliente ormai affezionato (ma anche nuovo) impara velocemente a muoversi e in cui il prodotto si trova in primo piano. Perché omogeneità? Perché davanti a un pubblico estremamente eterogeneo e un’offerta di prodotti altrettanto vasta è necessario semplificare tutti gli aspetti.

_Quali sono i concetti più difficili da far assimilare ai partner?
Più che difficoltà la prima parola che mi viene in mente è opportunità. Quando un brand entra a far parte di un outlet, fa il suo ingresso in un mondo completamente nuovo e quindi va aiutato a comprendere il suo funzionamento (come il ritmo e la frequenza dei visitatori ad esempio). Ci sono punti vendita che possono essere bellissimi ma non idonei a quello che è il mondo outlet.”

Daniela continua definendo la vita in outlet, una vita di comunità (circa 190 punti vendita) perciò è necessario che la comunità si regoli secondo un calendario che segue sicuramente quello della moda ma che sia prima di tutto strutturato internamente all’outlet.  Allestire in modo omogeneo e coerente significa in primis, che tutti i partner dispongano delle collezioni utili per una presentazione coordinata: questo equivale a promuovere un concetto ai partner in maniera armoniosa in modo che venga assorbita la filosofia dell’outlet e quindi considerare fondamentali piccoli accorgimenti come la necessità di esporre i prezzi outlet in abbinamento con i prezzi retail in quanto è una variante molto apprezzata dal cliente finale.

_Come intendete migliorare il concetto di Visual Merchandising in quella che è la visione globale dell’outlet?
“Per tendere sempre a un miglioramento continuo è necessario tenere a mente 2 principi fondamentali: grandi brand e prezzi. La percezione dell’outlet si è evoluta negli anni, ora è un luogo in cui le persone possono passare una giornata, per questo dobbiamo offrire loro un valore aggiunto, una valenza emozionale: outlet è diventato non solo shopping ma anche svago, entertainment. Questo porta a fare un ragionamento in termini di visual merchandising che coinvolga non solo le vetrine ma tutto il centro. Outlet inteso come esperienza globale.”

Luca Piccolo_Direttore del Castelguelfo The Style Outlets

visual merchandising negli outlet
Castelguelfo The Style Outlets


– Quali sono gli aspetti fondamentali visual in un concetto come l’outlet?
Nell’outlet di Castel Guelfo per quello che riguarda l’organizzazione visual, 2 volte l’anno ci sono le giornate “porte aperte”: dalla casa madre viene mandato un team di visual merchandiser con strumenti come visual book e alta preparazione il quale si mette a disposizione del punti vendita che, a loro discrezione , possono richiedere consulenza o intervento fisico in negozio. In questa realtà l’outlet mantiene apertura mentale e flessibilità senza ad andare a incidere e influenzare in modo significativo le linee guida visual o la gestione commerciale del brand partner. Il concetto di visual negli outlet si è evoluto in maniera direttamente proporzionale alla merce che vi veniva proposta al suo interno: se agli inizi veniva offerta unicamente la merce invenduta dalla stagione precedente ora l’outlet è un concetto talmente in espansione e in crescita che molti brand hanno iniziato una produzione dedicata all’outlet.

Più prodotto porta alla possibilità di un visual più strutturato.  Ad elevare il concetto di visual a Castel Guelfo ci hanno pensato anche brand come Vans, Quicksilver e altri grandi nomi i quali hanno portato il loro know how. In merito alle figure che si ritengono fondamentali all’interno di una struttura come questa è necessario menzionare il Retail Coordinator che quotidianamente è fisicamente sul negozio controllando e coordinando. Nel caso ad esempio di un’esposizione a tema per occasioni speciali ma anche per il semplice cambio stagioni, l’outlet fornisce guidelines, timing, formazione e materiale POP. Luca ci porta anche a fare una riflessione su una realtà con la quale oggi è necessario interfacciarsi: la forte rotazione del personale ci porta a spostare il focus sul customer. In questo periodo e in questo contesto è fondamentale il customer service: il cliente si interfaccia in continua ricerca “dell’affare” ma è necessario avere all’interno del punto vendita personale in grado di proporglielo.

_Quali sono i concetti più difficili da far assimilare ai partner?
“Fondamentale la promozione, con lo scopo di attirare la clientela. Comunicare la promozione in modo corretto è la chiave: prendiamo ad esempio due negozi che trattano la stessa merce con vetrine entrambe apprezzabili dal punto di vista visual; se in una è esposto in modo corretto un cartello promozionale è lì che il cliente si indirizzerà. Quindi sta nel partner rendere visibile la promozione. Inoltre, ora il cliente è più informato e il suo occhio si è affinato, percepisce le strutture vecchie che hanno una forte influenza nelle sue decisioni, da quando il concetto di outlet si è evoluto è stato possibile impiegare più manichini e quindi proporre un total look, declinato secondo il prodotto trattato dal brand e veicolo del concetto che si vuole spingere.”                    

_Come intendete migliorare il concetto di Visual Merchandising in quella che è la visione globale dell’outlet?
Idealmente con un budget più corposo il primo investimento sarebbe rivolto a una maggiore omogeneità nel centro, a vetrine più strutturate a livello commerciale e qualitativo. Una maggior linearità tra l’offerta in vetrina e la stessa all’interno del punto vendita. La promozione deve essere efficiente e colpire il cliente; attirarlo e far sì che una volta all’interno del punto vendita possa con facilità grazie ad una giusta comunicazione, individuare subito il prodotto di suo interesse.”

Il tassello del puzzle che ci mancava. Abbiamo avuto occasione di capire i loro punti di vista: ognuno con le proprie priorità, persone concrete e centrate su quelli che sono gli obiettivi da perseguire e le varianti di un panorama che offre i prodotti più disparati. Ci hanno trasmesso il desiderio di non fermarsi davanti ai primi risultati positivi che stanno riscontrando negli ultimi anni, anzi non dimenticare mai il punto di partenza. La loro voglia di tendere sempre al miglioramento sotto tutti gli aspetti ci porta alla conclusione che sia ormai impossibile ignorare il concetto visual anzi continuare a investire in questa direzione, oggi che il suo valore aggiunto è fondamentale.

A cura di Francesco Zabini, Paolo Zanardi e Michela Piancastelli | XT srl
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**Fonte esterna