London eye: una finestra retail in Europa | di Paolo Zanardi

London eye: una finestra retail in Europa | di Paolo Zanardi

📅03 Maggio 2016, 11:21
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Ho mal di testa … sono stordito … non ho più energie … però sono soddisfatto. Questo lo stato d’animo dopo 4 giorni a Londra, una media quotidiana di una trentina di negozi visitati e 15 km a piedi al giorno.

Tornare a Londra dopo un po’ di anni è sempre interessante, coinvolgente ed inevitabilmente stancante.

Odori, profumi, una miscellanea di stimoli ed input in cui districarsi e discernere non è sempre facile; tutto è mirato a catturare la tua attenzione, ma non tutto vale effettivamente la pena o realmente sorprende.

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Perché Londra?

Ovviamente perchè è una delle capitali del business, ma anche per prendere contatti alla fiera RBTE | RETAIL DESIGN EXPO e visitare una delle realtà outlet più famose in Europa, il Bicester Village.

Iniziando dalla fiera la nostra impressione è sicuramente positiva anche se la manifestazione è sicuramente più adatta ai retailer che ad agenzie di retail/visual, tuttavia gli spunti ed i contatti non sono mancati.

Di rilievo da ricordare è sicuramente tutta la parte dedicata alla comunicazione digitale e alla parte relativa ai software e ai POS. Queste due aree sono sicuramente quelle che avevano maggior risalto.

In particolare sull’area digital siamo rimasti impressionati dal livello tecnologico e di risoluzione degli schermi piatti che, probabilmente in futuro, saranno sempre più presenti negli stores e nelle vetrine; forse un giorno andranno a sostituire gradualmente tutto il materiale cartotecnico o durevole che sino ad oggi è ancora molto diffuso.

Abbiamo inoltre assistito ad un paio di workshop sul visual che tuttavia non ci hanno particolarmente impressionato. In Italia siamo ancora competitivi.

In sostanza è una fiera che va sicuramente visitata per gli addetti ai lavori anche se, soprattutto per i produttori di arredi, non ha nulla a che vedere con la fiera in Germania dell’EuroShop.

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Archiviata la pratica della fiera ci siamo “sacrificati” e abbiamo viaggiato fino a Bicester, luogo nel quale, peraltro sperduto nelle campagne a nord di Londra, si trova come già detto una delle realtà outlet più interessanti d’Europa.

L’arrivo alle ore 10:00 grazie alla puntualissima linea ferroviaria che da Liverpool Street collega il Village, contestualizzato nella brughiera e nella nebbia mattutina, non sembrava di primo approccio tra i più promettenti. In realtà dalle ore 11:00 abbiamo cominciato a veder arrivare orde di “barbari shoppers”. L’impressione è che la maggior parte, essendo peraltro un giovedì, fossero stranieri e vacanzieri, fatto sta che comunque all’ora di pranzo il luogo era sicuramente affollato.

Lo stile dell’outlet, a differenza di altre realtà italiane, è sicuramente di più alto livello in termini di strutture, servizi e soprattutto brands. Gli stessi prezzi non sono certo a buon mercato se non nelle aree dedicate agli ultimi pezzi.

Le strutture architettoniche sono di piacevole stampo anglosassone anche se il numero complessivo di punti vendita non è numeroso. Le dimensioni stesse dei pdv non è grande, mentre il servizio si avvicina più ad una vendita semi-assistita che self service.

Essendo esperti di retail, a tutto tondo, ed analizzando nei nostri tour non solo gli aspetti legati al visual, ma tutte le dinamiche commerciali, siamo rimasti sorpresi da un basso controllo sulla prevenzione dei furti; alcuni negozi non avevano il sistema di antitaccheggio o, se l’avevano, non era in funzione. Probabilmente molto è anche deputato al ruolo di “leaseline” che viene effettuato dal personale all’entrata che, pare essere più concentrato sull’accoglienza e la cortesia che sul controllo.

Tra gli aspetti positivi ci sono sicuramente il livello di visual, la pulizia degli ambienti ed una ricca offerta che comunque non trascende mai nella massificazione.

Al contrario, siamo rimasti perplessi sugli infissi che spesso, come si vede dalle foto, risultano essere d’ostacolo per una visione globale della vetrina.

È consuetudine in diversi negozi allestire il prodotto su tre livelli, quindi anche in aree molto alte con articoli non accessibili al consumatore, se non replicati in gondola.

Il bilancio è comunque positivo e, se vi trovate a Londra, grazie agli efficientissimi mezzi pubblici, vale la pena di andare.

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Il nostro viaggio è continuato quindi in downtown iniziando da Neal Street, zona Covent Garden, una tra le zone più rinomate di Londra per lo shopping. Ricordavo che avesse negozi di catene internazionali, ma speravo che in questi anni avesse acquisito una connotazione di stores un po’ più di nicchia.

In realtà poco è cambiato e gli stessi Nike Town, Urban Outfitters, Diesel ed altri ancora ci hanno abbastanza deluso (soprattutto in termini di offerta di prodotti). I format in realtà erano poco interessanti perché globali e quindi molto simili all’Italia e al resto d’Europa. Da segnalare un paio di punti vendita un po’ più fuori dal coro come SIZE (sneakers) e MELISSA (calzatura brasiliana).

Da Covent Garden ad Oxford Street il passo è breve, e qui più che mai siamo finiti nella globalizzazione; evitiamo quindi di parlarvi dei vari H&M, Primark, Bershka, Nike Town, ecc. … che si presentano sul mercato di Londra con gli stessi concept store di Milano o Roma.

Della zona commerciale centrale non si può non citare il flagship store di M&M’s, il tempio e la massima espressione del merchandising (e forse dell’inutilità?). Tre piani di caramelle, dolciumi, t-shirt, tazze e quant’altro può venirvi in mente che possa essere legato ai personaggi della famosa azienda.

Ad onor del vero tutto impeccabilmente allestito ed enfatizzato. Non mancano peraltro le aree interattive dove i clienti possono giocare, svagarsi e diventare protagonisti.

Vale la pena invece di spendere alcune parole per i grandi magazzini come Harrod’s, Marks & Spencer, John Lewis, Selfridges e soprattutto il magazzino più datato di Londra, il Liberty.

Tutti concentrati in una zona molto ristretta, considerata l’area di Londra, siamo rimasti inevitabilmente storditi dalla quantità, dall’offerta e dalla frequentazione. Si trova di tutto, dall’abbigliamento alla calzatura, dai casalinghi al food, dall’intimo al fashion.

Impossibile non comprare!!!

Se alcuni sono già conosciuti da molti dei nostri lettori, riteniamo sia più interessante spendere qualche parola per il Liberty. Un vero e proprio omaggio al British Style: arredamento in legno, soffitti bassi, scale scricchiolanti, layout a dir poco anacronistico, ma caratteristico, ascensori vintage ed un’atmosfera accogliente come in una vecchia e affascinante biblioteca. Anche qui di tutto e di più in termini di offerta.

Abbandonata la zona più commerciale in termine di internazionalizzazione dei brands siamo finiti a Bricklane e Camden Town. Evviva, evviva, evviva!!!

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Negozi borderline e psichedelici come Cyberdog, piccole boutique vintage dalle insegne sconosciute, mercatini dell’usato e profumi (… per non dire altro), in ogni strada e vicoletto.

Forse dai miei toni si percepisce che adoro queste zone, dove la globalizzazione per fortuna non ha del tutto attecchito.

Per concludere abbiamo constatato quanto ancora sia importante la leva del visual, delle vetrine e della specializzazione.

Degne di nota sono la crescita nel settore del ciclismo, vedi Cycle Surgery, dove ormai siamo all’interno di una vera e propria boutique dedicata agli appassionati delle due route.

Oppure il nuovo trend tutto al femminile di vestirsi in modalità “Yoga/Runner” anche per la quotidianità; ecco quindi la nascita di Lululemon Atletica, un monomarca tutto dedicato a chi pratica yoga e running, ma anche a chi, tutti i giorni, vuole vestire skinny ma confortevole.

Paolo Zanardi XT srl
by AN shopfitting magazine no.132 ©


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