Un viaggio nel Retail USA

Un viaggio nel Retail USA

📅29 Aprile 2014, 17:13

Presso la sede di Popai Italia si tenuto l’interessante seminario “ Virtual Retail tour nella GD”, relatore Prof. Daniele Tirelli, presidente di Popai Italia e autore del libro “Retail experience in USA“.

Attraverso la presentazione di case history, con focus “food” e” grocery” il prof. Tirelli ha analizzato le differenze tra il retail USA e la realtà italiana. Un primo elemento di diversità è la classificazione dei format presenti. In Italia ragioniamo per dimensioni e superfici: superette,

DOROTHY LANE Springboro, la facciata racconta l’identità di insegna

supermercato, e ipermercato sono i cluster utilizzati, negli U.S.A. le categorie sono superate e la differenza è data da assortimento, posizionamento valori e servizio. Il mercato è molto competitivo, può capitare di trovare quattro insegne diverse in un incrocio, ma grazie alle caratteristiche di diversificazione e forte identità di insegna forte, ogni” player” trova la sua nicchia, il suo cliente.

Nella sua relazione il prof. Tirelli ha parlato di una sorta di” darwinismo” nel retail, dove ogni specie differente dalle altre trova il suo spazio. L’Italia ha una storia più giovane di distribuzione organizzata e spesso l’innovazione è limitata. Anche nel mercato USA, a parere del prof. Tirelli, la corsa all’innovazione è terminata, a differenza del passato il flusso di informazione rende, anche per il ruolo dei nuovi media, in tempi brevi, tutto imitabile. Si procede così per ritocchi o restyling di format già consolidati.

Un grande mercato: di piccoli
Una delle particolarità del mercato USA è la presenza di piccole catene locali, Stato per

BRISTOL FARMS Pasadena, ogni catena trova la propria nicchia commerciale

Stato, caratterizzate da una forte spinta imprenditoriale e da un forte legame con il territorio e con il cliente, che non necessariamente vogliono, espandersi in altri contesti geografici o indebitarsi con le banche. Una sorta di trionfo degli indipendenti e dell’economia “reale” su quella finanziaria. Tra gli esempi citati molti erano catene eccellenti, che hanno 3-6 punti vendita in una città o in uno stato e si accontentano così. Spesso le insegne citate sono nate dall’idea e talento di un singolo imprenditore, il classico self-made man, che nutre la mitologia del sogno americano. In generale i player USA puntano molto sui freschi e sulla gastronomia, hanno un assortimento molto ampio per metratura oppure pochi item, ma prezzi imbattibili. Ognuno è differente con una scelta di proposte e target chiari, comunicati benissimo, al cliente di riferimento, attraverso il visual merchandising e la comunicazione in store.

JUNGLE JIM Fairfield, nel percorso sono presenti punti display e caratterizzazioni

Altri elementi distintivi
Molto forte è il legame con il territorio di riferimento e i valori, sia nelle scelte di architettura che nell’impegno sui valori, anche attraverso la promozione e sponsorizzazione di eventi locali. I player del retail si relazionano così con le “community” presenti sul mercato di riferimento. Animalismo, diritti civili, tutela dell’ambiente sono alcune delle aree di relazione.

DOROTHY LANE, all’interno dei punti eventi ci sono aree dedicate al ristoro o alla degustazione

Tutte le insegne offrono al cliente momenti di socialità e “entertainment”, come le “cooking school”. Tutti i punti vendita, compresi quelli che in Italia chiameremmo discount o cash&carry, hanno una zona ristoro dove il cliente può consumare quello che ha acquistato. Fanno cultura sul cibo e molti vendono ortaggi e frutta secondo una logica di tutela della bio-diversità, spiegando come gustare o le proprietà di alimenti meno conosciuti.

JUNGLE JIM, i punti vendita fanno cultura del cibo con presentazioni curate e accattivanti

Le insegne formano e coinvolgono il personale, curano la selezione attentamente e intervengono in alcuni casi con benefit per trattenere i migliori, in modo da avere sul punto vendita impiegati motivati, coinvolti e così davvero orientati verso il cliente. Anche dal punto di vista architettonico ed estetico la scelta non è di omologazione ma di concept che a partire dalla facciata raccontano l’identità. Alla fine del seminario la voglia di prendere un aereo e andare a vivere il retail USA era davvero molto forte, con l’idea che fare la spesa sia molto più divertente lì che da noi. Ultima nota, nella maggior parte dei punti vendita esaminati, il caffè è offerto gratis ai clienti, una piccola attenzione che fa la differenza.

Francesca Zorzetto
© Pubblicato da AN shopfitting magazine


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