C’era una volta l’Osteria…  e c’è ancora.

C’era una volta l’Osteria… e c’è ancora.

📅31 Agosto 2021, 14:16
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Questa storia comincia con “C’era una volta… l’osteria”.

L’osteria era un punto di ritrovo per i paesani e un luogo dove i viaggiatori potevano trovare ristoro. All’osteria non si era mai soli e un buon bicchiere di vino si beveva e si beve ancora oggi più volentieri, quando si è in compagnia.

Un luogo, che ha il sapore di un tempo antico e di una ritualità perduta, oggi ritorna di attualità e si rinnova attraverso un progetto di ristorazione firmato dall’architetto Emanuele Svetti di Studio Svetti Architecture.

Si chiama proprio Osteria Moderna il nuovo locale che ha aperto i battenti l’8 aprile 2021 all’uscita del casello di Arezzo: città di Vasari, Petrarca, Guido d’Arezzo e Piero della Francesca, gioiello immerso nel cuore della Toscana.

Un concept nato 5 anni fa, nello Studio di Architettura toscano, che oggi vede finalmente la luce, come un segno di speranza: “le idee che dall’ombra trovano la luce” racconta l’Architetto.

Questa location si propone concettualmente come una moderna osteria destinata a chi viaggia, per la sua naturale collocazione, facile da raggiungere per chi si trova a percorrere l’Autostrada del Sole da Nord a Sud o viceversa, senza tralasciare l’opportunità che diventi anche un punto di riferimento per una clientela locale.

Emanuele Svetti progetta l’Osteria Moderna di Arezzo

Se da una parte è vero che il concept progettuale si rifà a un luogo della memoria, occorre altresì sottolineare il tema della contemporaneità del disegno. “Mi piace creare interni che durino nel tempo – continua l’Architetto Svetti – è questa la chiave del successo degli ambienti che progetto, in un mondo sempre più freneticamente alla ricerca di formule di successo. Mi piace progettare spazi che combinino sofisticazione concettuale a facilità funzionale”.

Nel caso di Osteria Moderna, il colore è stato il punto di partenza, una tonalità cromatica cara alla città: l’amaranto, nella sua particolare tonalità di rosso, calda e avvolgente, che si palesa all’interno del locale in modalità “full-color”, con lo stesso impeto di un cuore intrepido. “Un tocco di rosso fa più effetto di una secchiata d’acqua, amava ricordare Matisse – spiega Svetti – il rosso attrae, in qualche maniera “attacca”, in poche parole è quanto di meglio esista, per comunicare visivamente, il rosso è il colore dell’energia, ma anche quello del vino tanto caro alla mia terra, è potenza ed emozione; non a caso è anche uno dei colori più amati ad Arezzo, la città dei “botoli ringhiosi”, come furono appellati i cittadini da Dante in tono coloritamente dispregiativo all’interno della Divina Commedia” .

Emanuele Svetti progetta l’Osteria Moderna di Arezzo

ALL’INSEGNA DELLA CONVIVIALITA’

Nella morfologia, come nella ripartizione degli spazi, c’è un richiamo all’osteria tradizionale. Come accadeva in passato, anche all’Osteria Moderna, si viene accolti nell’area “mescita”, che oggi come allora funge da filtro tra chi desidera fermarsi per una breve pausa e chi invece è in cerca di un luogo dove potersi accomodare. Come era tipico delle osterie, la zona ristorazione era nascosta all’occhio del passante, ma soprattutto divisa dall’area bar dove si giocava a carte e si beveva in compagnia. In questo caso, la zona caffetteria è il primo filtro, dotato di angoli snack per il consumatore “mordi e fuggi” che garantiscono confort anche a chi si ferma soltanto per fare colazione o degustare un tagliere di norcinerie in pausa pranzo.

Emanuele Svetti progetta l’Osteria Moderna di Arezzo

Attraverso un sistema di setti metallici, realizzato su disegno dello studio, si accede quindi all’area ristorante, dove si può consumare un pasto in un’atmosfera elegante e rarefatta, caratterizzata dal colore uniforme dell’ambiente su cui si integrano, con un uso calibrato, quasi come incisi, elementi metallici ed inserti in cemento.

Il locale è dotato di 90 coperti distribuiti su una metratura di 350 metri quadrati e, se vogliamo, questa potrebbe essere letta come un’eccezione rispetto alla capienza di un’osteria tradizionale, dove il numero di coperti e gli spazi erano molto più limitati.

Emanuele Svetti progetta l’Osteria Moderna di Arezzo

All’esterno uno spazio dehors permette nelle stagioni calde di poter far accomodare gli ospiti anche all’aperto, con arredi che richiamano l’interno seppur in maniera più sobria e contenuta. Come nella migliore tradizione, la locanda o l’osteria era gestita da una famiglia che la faceva funzionare a rotazione nei diversi momenti della giornata. Anche in questo caso la famiglia proprietaria dell’immobile ha deciso di avviare un’attività di ristorazione, che va ad affiancarsi alla gestione dell’albergo sempre di loro proprietà – il Garden Hotel Arezzo – che si trova esattamente alle spalle del ristorante, completandone l’offerta.

I MATERIALI DELLA MEMORIA

“A volte è bello stupirsi e lasciarsi inebriare da profumi esaltanti, sapori decisi e colori tipici” ed è su questo concetto che è stato pensato l’involucro del locale. Realizzato come fosse una superficie continua, il pavimento è in resina epossidica, con inserti realizzati in graniglia decorata e ad effetto terrazzo alla veneziana, che creano un mix materico-cromatico anticonvenzionale. Al centro della area ristorante un tappeto realizzato con cementine su disegno in tre tonalità di grigio crea un’ inaspettata variante cromatica, ma anche un punto di attrazione all’interno dell’ambiente, grazie al contrasto deciso scelto dallo Studio. 

I tavoli in metallo, dalle linee rigorosamente minimal accolgono un piano in cemento grigio levigato, a ricordo e rielaborazione dei vecchi arredi delle trattorie dove il legno ed il marmo la facevano spesso da padrone. Il loro dimensionamento e la variante di posizionamento, consentono un utilizzo poliedrico dell’ambiente, che a seconda delle evenienze può divenire una moderna sala banqueting, con tavoli conviviali, ed essere al contempo in linea con tutte le normative post-pandemiche che obblighino distanziamenti tra tavoli.

Nell’idea e nella visione dell’architetto la convivialità è assolutamente privilegiata ed auspicata e, confidando di arrivare quanto prima ad una “nuova normalità”, il suo indirizzo va verso una miscelanea di situazioni che amalgamano privato e socialità, perché anche questo aspetto faceva parte del concetto di osteria. 

Emanuele Svetti progetta l’Osteria Moderna di Arezzo

Completano il locale le quinte in cotto realizzate su disegno, la teatrale bottigliera in lamiera brunita, sfondo alla sala ristorante, e il bancone rivestito in vetro cannettato e argentato, incastonato su un telaio di metallo calamina. Le sedute imbottite che si distendono lungo una parete dell’area ristorante sono realizzate da un artigiano tappeziere  su disegno dello Studio, mentre lungo le aree snack prevalgono, con le loro linee decise, gli sgabelli ArchiStool.

GIOCHI DI OMBRE E DI LUCI

Nel tempo ho compreso quanto luce e ombra siano i lati opposti della medesima cosa – dice Emanuele Svetti nel senso che il luogo illuminato dalla luce del sole viene sempre raggiunto dall’ombra, e così nei miei interni inserisco luce affinché questa venga sempre inseguita in qualche modo da ombre”.

Questo “dialogo” tra ombra e luce vuol ricordare il romanticismo della luce rarefatta delle candele che si potevano trovare nei casali di campagna, un’illuminazione soft che ricorda quelle dei luoghi del tempo dove la luce era solo funzione con momenti di estremo valore estetico, grazie anche alla presenza di nuvole di fumo unite ai vapori eterei della cucina, spesso comunicante. Da qui l’ambiente riceveva odori ed umori che cambiavano lo stato emotivo dei commensali che ritrovavano in questo il ricordo della “Famiglia”.

Il colore sotto questo punto di vista ha avuto una duplice funzione: quella di creare un ambiente più armonioso e, allo stesso tempo, di modulare la luce nelle varie fasi del giorno per dar spazio ad una penombra estremamente rilassante. Al contrario, la zona caffetteria risulta molto illuminata: la luce entra naturalmente dalle finestre che si aprono lungo i lati dell’edificio, mentre, durante sera, viene sostituita da fasci di luce artificiale per un’illuminazione per nulla aggressiva ma soffusa e “riservata”.

Questa sorta di antitesi tra giorno e notte, attraverso il gioco di luci e ombre, generate dallo studio illuminotecnico degli ambienti, è parte del fascino evocativo del locale, in una sorta di rielaborazione della Toscanità, visibile anche nell’offerta gastronomica che propone un menù tradizionale toscano ben amalgamato a proposte gastronomiche di altre cucine.

Photo credits: Andrea Bartolozzi, Greta Costeri

by AN shopfitting magazine no.163 ©

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